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Ma è sempre meglio partecipare no?
mamma mia che brutta cosa....un uscita per divertirsi ed invece...
comunque vedendo le immagini mi sa tanto che il proprietario del terreno si era rotto le palle dei mezzi che passavano ed ha teso il filo...non so se hai notato che c'erano segni di passaggio auto...
lasciamo perdere la demenza di questa gente che mette filo spinato ad altezza uomo per limitare il traffico di "enduristi" e "crossisti"....
mettere una catena bassa no??? meglio fare un volo con capriola di 20 metri che rimanere a terra come il povero Ing. agonizzante per un embolo partito al cervello del proprietario terriero....
Io per il bosco ci vado, e giuro che se lo trovo uno a mettere sti fili ad altezza casco... lo faccio rimanere troncato nel bosco per 1 mese
purtroppo si è verificato quello che temevamo in molti. Vecchia tecnica per far dissuadere la gente dal transitare e stavolta ci è scappato il morto.
Assi con i chiodi piantati, alberi in mezzo alla mulattiera magari dietro ad una curva, fucili spianati!
Stavolta è finita male............e 2 bambini ed una moglie piangono il loro caro
Capisco difendere la propiet?!, ma ci sono modi e modi.
Al propietario del terreno bisognerebbe mettergli una fascetta di plastica da elettricista sulle palle e stringerla, magari in un canotto in mezzo al mare....
Per l’orrenda morte di Marco Badiali c’è un indagato. La procura di Modena ha individuato un presunto colpevole per la fine del motociclista modenese, sgozzato da un filo spinato durante un’escursione vicino a Pavullo, nell’Appennino modenese. L’accusa formulata dalla magistratura è quella di omicidio colposo.
Marco Badiali, ingegnere di 48 anni, sposato con due figli di 6 e 9 anni, aveva grande passione per l’enduro, il fuoristrada in moto. È incappato nel filo spinato, piazzato a un metro e mezzo dal suolo, altezza d’uomo in sella, mentre percorreva un sentiero che gli avrebbe permesso di superare una collina senza servirsi della strada asfaltata. Un percorso conosciuto non solo dalla gente del posto, che l’utilizza per muoversi a piedi, ma anche da chi ci viene a cavallo e dai motociclisti.
La persona accusata della sua morte non sarebbe il proprietario del terreno ma qualcuno che abita o lavora nella zona e che avrebbe sistemato il filo. Il custode del campo, interpellato dai giornalisti, ha ammesso di essere a conoscenza degli sviluppi delle indagini ma non ha risposto alla domanda se il filo spinato l’avesse installato lui.
La tragedia
L’altra mattina Badiali era assieme ad alcuni amici per festeggiare l’acquisto della moto nuova. La meta era una trattoria dove avrebbe offerto il pranzo a tutti. Invece, il dramma.
«Quel filo era molto pericoloso - racconta l’avvocato Umberto Rossi che seguiva Badiali - messo a quell’altezza poteva fare male a chiunque percorresse il sentiero». Dino Cavaliere, compagno di tante escursioni, descrive la dinamica dell’accaduto: «Marco ha fatto da apripista sulla carraia, a un certo punto l’ho visto rotolare a terra con la moto. Tutti siamo accorsi per dargli aiuto ma la ferita era troppo profonda. Ha perso molto sangue e poco dopo è morto».
Inutile l’intervento dei compagni, così come l’arrivo dell’eliambulanza. Poco dopo sono giunti i carabinieri che hanno eseguito i primi rilievi, e aperto l’indagine. Perchè di episodi simili, nella guerra tra contadini e fuoristradisti, è piena la cronaca. Ma qui c’era un morto.
Guerra non dichiarata
Resta da chiarire se quel sentiero fosse aperto al transito delle moto. «Chiunque non gradisca il passaggio dei motociclisti sui percorsi sterrati può segnalarlo con catene, fettucce, cartelli - spiega Rossi - in passato non abbiamo mai avuto problemi con i proprietari dei terreni ».
Le indagini, che dovranno appurare se siano coinvolte altre persone oltre a quella indagata, hanno stabilito che il filo spinato, teso a un metro e mezzo da terra in un punto quasi invisibile, è stato messo fra venerdì e sabato. Il giorno prima lo stesso sentiero era stato percorso da un escursionista che non aveva notato nulla. Inoltre il filo, che non era segnalato in alcun modo, non aveva tracce di ruggine, segno che era nuovo e appena sistemato. Il tratturo di Gaiato si trova al confine fra due proprietà. È uno sterrato battuto spesso dai centauri, Badiali l’aveva percorso molte volte.
Il dolore degli amici
L’urto è stato talmente violento che la recinzione si è spezzata. «È stato messo lì per uccidere», è il coro degli amici di Badiali. Il sito del motoclub Brancolupi si è rapidamente riempito di ricordi di Badiali, chiamato Lupo Rik. «Ci hanno portato via un amico sempre disponibile e gentile - è scritto - gli piaceva identificarsi nel lupo, animale libero che vive nei boschi». Per questo «il branco» ha deciso di salutarlo, pubblicando le sue poesie.
Gli amici ricordano che proprio Badiali cercava di mantenere buoni rapporti coi proprietari dei fondi che consentivano il passaggio dei motociclisti. Da qualche anno nel periodo natalizio l’ingegnere e altri componenti del gruppo, vestiti da Babbo Natale, si recavano di famiglia in famiglia per consegnare doni, in segno di ringraziamento per la disponibilità che ricevevano.
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