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Ma è sempre meglio partecipare no?
" Recentemente la Ducati ha presentato una nuova versione della 916: la S.P.S. che ha una cubatura di 996 cc, ed eroga 161 cv. ad 11.000 rpm.
La Strada arriva a scaricare 114 cv, mentre la S.P. 131 "
DUCATI 916 SPS
Una forza della natura
di Claudio Falanga
Vi siete mai domandati cosa prova una pallottola sparata fuori da un revolver? Volete provare la sensazione di vedere scomparire, sotto i vostri occhi esterrefatti, qualsiasi tipo di rettilineo?
Bene, la 916 SPS fa per voi, con una raccomandazione però: dopo qualche settimana e qualche centinaia di chilometri, rivendetela subito: non è un mezzo adatto a chi guida la moto per divertimento e passione e, soprattutto, non è una moto adatta alla strada, ma richiede espressamente la pista.
La 916 SPS, con i suoi 996 cc ben spremuti, è infatti, a parte pochi ma significativi particolari, la replica della moto che attualmente si trova sotto i sederi blasonati di Fogarty, Chili e Hodgson: gente che non ha problemi a domare i cavalli, piloti allenati a conoscere i limiti estremi a cui una moto così corsaiola fatalmente conduce. I 134 cavalli della 916 SPS, una trentina in meno della cuginetta da corsa, sono in effetti troppi per essere condotti a spasso sulle tortuose statali della nostra penisola anche se, dobbiamo dire, l’erogazione della potenza del bicilindrico quattro valvole desmo è relativamente dolce fino ai 5000 giri (valore che in sesta, senza tanti problemi, consente di viaggiare a 160 Km/h), prima che arrivi una tale ondata di potenza, servita espressa, da spedirvi lontano, ma lontano lontano.
Così può succedere che in autostrada, a 220 Km/h, provando a spalancare del tutto il gas, dalla corsa brevissima e fulminante, vedrete partire la moto da sotto come se questa dicesse: “Embé, era l’ora di fare un po’ di movimento, invece che dormicchiare”. Con questo signori, se disponete di qualcosa di più di una quarantina di milioni e di una buona dose di fegato (caratteristiche che non sempre vanno d’accordo), non voglio certo sconsigliarvi l’acquisto del “mostro”: le sensazioni che sa donare sono veramente uniche, estreme, come le tonalità dei Termignoni in carbonio, in dotazione con la eprom dedicata nella versione racing, che vi ricorderanno senz’altro quelle udite a Monza o a Misano in occasione di qualche gran premio superbike. Andare a spasso con la SPS vuol dire attirarsi gli sguardi ammira-ti/invidiosi di tutti i motociclisti, significa avere a propria disposizione un mezzo perfetto, equilibrato e sicuro, vuol dire provare sulla propria pelle il significato della potenza pura. E’ una sensazione che qualsiasi appassionato della Ducati dovrebbe provare almeno una volta nella vita.
SENSAZIONI DI GUIDA
Il primo approccio con la SPS è un po’ sconcertante: alla posizione di guida senza compromessi tipica della famiglia 748/916, si aggiunge una tale cavalleria da rendere problematico intuire di primo acchito quale sia la reale personalità del “bestione”.
Come già accennato, la brevissima corsa del comando del gas può mettere in difficoltà anche il sensibile polso del ducatista più corsaiolo: la sensazione, pienamente confermata dai fatti, è che basti poco per fare alzare la moto, per ritrovarsela sulla schiena.
Una sensazione di scarsa familiarità che però svanisce subito: le incredibili doti del telaio, i possenti freni in ghisa Brembo con tubature in treccia metallica, le stesse caratteristiche fisiche della moto (leggerezza, dimensioni, interasse), rendono la SPS gestibile anche da un “chiodo”, evidenziando, anche in questa versione estrema, l’incredibile lavoro svolto da Tamburini e soci. Come per le altre 748/916, il pilota viene gratificato da sensazioni sincere che, curva dopo curva, danno sicurezza anche al meno esperto e grande gratificazione a chi voglia “smanettare” con ampi margini di controllo.
Certo, come abbiamo già accennato, la SPS, dotata come è di grande potenza e irruenza, richiede una dose ulteriore di autocontrollo, in quanto non tutti sono in grado di gestire in modo oculato quell’uragano che spinge come un forsennato appena superati i 6000/6500 giri. Siamo convinti che, in questo senso, su un misto stretto una 748 SP, pur con 30 cavalli in meno, a parità di “manico”, possa andare via tranquilla, forte di un’erogazione della potenza meno esplosiva e più gestibile da una persona con i riflessi normali e famiglia a carico: un’ulteriore dimostrazione che la rincorsa alla ricerca della massima potenza e velocità non è certamente la strada giusta, come dimostra benissimo la 916 che, con meno cavalli di tante sue “concorrenti”, dà a tutte una bella paga in pista.
LA TECNICA
La differenza più evidente fra la SPS e le altre versioni della 916 è senz’altro quella della cubatura, portata a 996 cc grazie all’aumento dell’alesaggio a 98 mm: una modifica sostanziale che ha costretto i tecnici Ducati a cambiare i carter per sopperire ai continui incrementi di alesaggio di cui è stata protagonista la 916 nelle competizioni e dotare così l’insieme di maggiore stabilità dimensionale e robustezza. Una vera e propria finezza tecnica è rappresentata dai doppi iniettori indipendenti per cilindro che, opportunamente comandati dalla eprom, collaborano per fornire la sufficiente energia richiesta da un motore così corsaiolo nelle situazioni di massima erogazione di potenza. Un fattore, quest’ultimo, che alla SPS non manca di certo: una nuova testa modificata con l’ottimizzazione dei condotti e della geometria della camera di combustione, ottenuta con il nuovo cielo del pistone, valvola di aspirazione di diametro maggiorato a 36 mm contro i 33 mm della versione biposto, rapporto di compressione che passa a 11,5:1, pistoni alleggeriti, albero a gomito modificato con inserti in lega di tungsteno, le famose bielle Pankl (qui in acciaio invece che in titanio come sui modelli da competizione), sono le basi su cui poggia uno dei motori di serie più performanti oggi a disposizione.
Un aspetto al quale non tutti danno il dovuto risalto, considerato anche i problemini che storicamente ha dato agli appassionati del “Made in Borgo Panigale”, è la precisione del cambio che, in qualsiasi situazione, è puntuale negli innesti, non mancando mai di risolvere qualsiasi incertezza o disattenzione di chi guida.
A tutto questo, ovviamente, vanno aggiunte le notevolissime doti della ciclistica, di quel telaio che non è affatto esagerato definire “opera d’arte”, quel magico disegno di tubi in acciaio ALS 450 che consente un’ottimale e perfetta distribuzione dei pesi fra avantreno e retrotreno, un interasse ridotto al minimo, e una guidabilità tipica di una 125. La SPS, inoltre, è anche più leggera di un bel 9 kg. rispetto alla biposto, riducendo il peso complessivo a soli 195 Kg.; un risultato ottenuto sia agendo a livello di propulsore, sia con impiego di carbonio per molti particolari, fra cui paracatena e parafango anteriore.
Altra differenza che interessa la ciclistica sono i dischi flottanti in ghisa da 5 mm e l’ammortizzatore posteriore Ohlins. Il risultato è un vestitino su misura al quale, come ogni buon sarto, qualsiasi pilota può apportare le proprie personali modifiche, considerate le notevoli possibilità di regolazione di forcella e di ammortizzatore, oltre che di inclinazione del cannotto, variabile da 23°,3’ a 24°,3’, e anche, perché no?, della regolazione delle leve del manubrio in lega leggera.
PER CONCLUDERE
Ci sia consentito dire che la SPS segna un traguardo importante per la tecnica ed il design italiano applicato alle due ruote: è un’affermazione che facciamo con molto orgoglio, lontani da qualsiasi forma di piaggeria.
In Ducati hanno dimostrato quello che si può fare con un bicilindrico, Tamburini ha evidenziato che in fatto di stile ed efficienza aerodinamica la scuola italiana è ancora imbattuta. La SPS stessa, a parte l’evidente eccezione di forcelle e ammortizzatori, è un bell’esempio di tecnologia italiana: gli stupendi e affidabili freni a disco sono Brembo, l’incredibile disegno dei collettori è stato tradotto in un raffinato concentrato di tecnica industriale firmato da Termignoni.
Questo ovviamente sarebbe poco se non aggiungessimo che qualsiasi modello della serie 748/916 è capace di donare al suo proprietario sensazioni uniche e piacevolissime, frutto, a nostro avviso, di una politica progettuale che per i modelli sportivi non è disposta a scendere a compromessi: moto che corrono come se niente fosse a più di 250 Km/h devono avere una certa e ben precisa impostazione di guida, ammortizzatori di un certo tipo, soluzioni tecniche rigorose. Poco male se tutto ciò si paga con l’indolenzimento dei polsi, il fisioterapista per la cervicale, il surriscaldamento anomalo dei, chiamamoli così, lombi. Si sa, nella vita, il massimo del piacere richiede sempre un po’ di sacrificio
adesso e chiaro?????
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