Tre titoli costruttori: non accadeva
dal '60. E la pista trascina
il mercato delle vendite
ENRICO BIONDI
Borgo Panigale dista da Maranello 42 km, metro più metro meno. E Maranello è distante da Noale, a due passi da Venezia, poco meno di 200 km. Cosa hanno in comune queste 3 cittadine? Un primato che tutto il mondo ci invidia: rappresentano l’Italia dei motori, quella che vince su due e quattro ruote, che ci fa fare bella figura all’estero davanti ai colossi del Sol Levante.
Con la magnifica doppietta di ieri della coppia Stoner-Capirossi nel Gp d’Australia a Phillip Island, la Ducati ha conquistato per la prima volta nella sua storia, il titolo mondiale Costruttori nella MotoGp. Impresa da Guinness, che arriva 34 anni dopo il successo della MV Agusta di Agostini (unica nel ‘60 a vincere in tutte le classi) in un anno dove è sfuggito solo il titolo in Superbike (Yamaha).
Aveva cominciato l’Aprilia a inizio settembre con la conquista del titolo 125. Un bel traguardo per un’azienda che, data per «ecotta» troppo presto, entrata nell’orbita del Gruppo Piaggio e risanata, ha ritrovato vigore sino a conquistare a Motegi, sotto gli occhi degli stupiti costruttori giapponesi, anche il titolo della 250. Il merito? Di un reparto corse così tecnologicamente avanzato come nessun altro al mondo, preso a modello anche da Honda e Yamaha, ma fatto di uomini semplici, grandi lavoratori, di quelli che non guardano mai l’orologio, piccoli geni della meccanica che insieme con i grandi ingegneri usciti dai migliori Politecnici italiani creano opere d’arte, che fanno impallidire la concorrenza.
Ha continuato a metà settembre la Ferrari, con il 15° titolo Costruttori, arrivato in un momento molto particolare della stagione. Un premio che spettava di diritto agli uomini di Maranello, soprattutto perché veniva a fare giustizia di una storiaccia di spie, email, furti con il Cavallino nel ruolo di vittima designata.
Ha chiuso la partita, ieri all’alba, la Ducati di Borgo Panigale, che in comune con la Ferrari ha un sacco di cose: dal colore (rosso, bello e inconfondibile) agli sponsor istituzionali (Marlboro, Alice e Tim) a quelli tecnici che vanno dalla benzina e lubrificanti (Shell), ai freni (Brembo), dall’elettronica (Magneti Marelli) alle gomme Bridgestone che «calzano» questi bolidi e li portano alla vittoria.
Bielle, stantuffi, pistoni, cilindri, valvole, carene, gomme, computers: mettere tutto assieme e far funzionare a puntino una Desmosedici, una RSA o una F2007 non è cosa semplice. Ma da queste parti, in queste terre d’Emilia e del Veneto, non mancano di sicuro tre cose: tradizione, tecnologia e, soprattutto, fantasia. Le prime due sono comuni anche ai grandi costruttori giapponesi. La terza particolarità è solo e unicamente nostra. Ed è quel tocco di classe che fa la differenza prima sulle piste e poi nelle concessionarie: la Ferrari quest’anno supererà le 6 mila unità vendute. Qualsiasi modello è guardato con un misto di rabbia e invidia, soprattutto dai costruttori con gli occhi a mandorla. Ducati non è da meno, con i mercati americani australiani che fanno a gara per accaparrarsi i nuovi gioielli di Borgo Panigale, Desmosedici replica e 1098 in testa a tutti. Aprilia ha risanato i conti con i nuovi modelli (l’ultima in ordine di tempo è la Mana). Tre Case, tre gioielli, tre realtà che rappresentano alla perfezione le virtù del «made in Italy».
fonte: LaStampa.it
PS: peccato che questa immagine è così piccola.. sarebbe da incorniciare..
dal '60. E la pista trascina
il mercato delle vendite
ENRICO BIONDI
Borgo Panigale dista da Maranello 42 km, metro più metro meno. E Maranello è distante da Noale, a due passi da Venezia, poco meno di 200 km. Cosa hanno in comune queste 3 cittadine? Un primato che tutto il mondo ci invidia: rappresentano l’Italia dei motori, quella che vince su due e quattro ruote, che ci fa fare bella figura all’estero davanti ai colossi del Sol Levante.
Con la magnifica doppietta di ieri della coppia Stoner-Capirossi nel Gp d’Australia a Phillip Island, la Ducati ha conquistato per la prima volta nella sua storia, il titolo mondiale Costruttori nella MotoGp. Impresa da Guinness, che arriva 34 anni dopo il successo della MV Agusta di Agostini (unica nel ‘60 a vincere in tutte le classi) in un anno dove è sfuggito solo il titolo in Superbike (Yamaha).
Aveva cominciato l’Aprilia a inizio settembre con la conquista del titolo 125. Un bel traguardo per un’azienda che, data per «ecotta» troppo presto, entrata nell’orbita del Gruppo Piaggio e risanata, ha ritrovato vigore sino a conquistare a Motegi, sotto gli occhi degli stupiti costruttori giapponesi, anche il titolo della 250. Il merito? Di un reparto corse così tecnologicamente avanzato come nessun altro al mondo, preso a modello anche da Honda e Yamaha, ma fatto di uomini semplici, grandi lavoratori, di quelli che non guardano mai l’orologio, piccoli geni della meccanica che insieme con i grandi ingegneri usciti dai migliori Politecnici italiani creano opere d’arte, che fanno impallidire la concorrenza.
Ha continuato a metà settembre la Ferrari, con il 15° titolo Costruttori, arrivato in un momento molto particolare della stagione. Un premio che spettava di diritto agli uomini di Maranello, soprattutto perché veniva a fare giustizia di una storiaccia di spie, email, furti con il Cavallino nel ruolo di vittima designata.
Ha chiuso la partita, ieri all’alba, la Ducati di Borgo Panigale, che in comune con la Ferrari ha un sacco di cose: dal colore (rosso, bello e inconfondibile) agli sponsor istituzionali (Marlboro, Alice e Tim) a quelli tecnici che vanno dalla benzina e lubrificanti (Shell), ai freni (Brembo), dall’elettronica (Magneti Marelli) alle gomme Bridgestone che «calzano» questi bolidi e li portano alla vittoria.
Bielle, stantuffi, pistoni, cilindri, valvole, carene, gomme, computers: mettere tutto assieme e far funzionare a puntino una Desmosedici, una RSA o una F2007 non è cosa semplice. Ma da queste parti, in queste terre d’Emilia e del Veneto, non mancano di sicuro tre cose: tradizione, tecnologia e, soprattutto, fantasia. Le prime due sono comuni anche ai grandi costruttori giapponesi. La terza particolarità è solo e unicamente nostra. Ed è quel tocco di classe che fa la differenza prima sulle piste e poi nelle concessionarie: la Ferrari quest’anno supererà le 6 mila unità vendute. Qualsiasi modello è guardato con un misto di rabbia e invidia, soprattutto dai costruttori con gli occhi a mandorla. Ducati non è da meno, con i mercati americani australiani che fanno a gara per accaparrarsi i nuovi gioielli di Borgo Panigale, Desmosedici replica e 1098 in testa a tutti. Aprilia ha risanato i conti con i nuovi modelli (l’ultima in ordine di tempo è la Mana). Tre Case, tre gioielli, tre realtà che rappresentano alla perfezione le virtù del «made in Italy».
fonte: LaStampa.it
PS: peccato che questa immagine è così piccola.. sarebbe da incorniciare..
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