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100 anni di BMW: il ventennio post Seconda Guerra Mondiale

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    100 anni di BMW: il ventennio post Seconda Guerra Mondiale

    È un periodo difficile, anche per BMW, il mercato delle moto passa da momenti di euforia ad altri di crisi nera. Nonostante questo, la casa bavarese risponde colpo su colpo con prodotti costantemente più cari di altri, ma sempre di qualità, affidabili, comodi, a volte anticonformisti e comunque veloci. Nel 1969, poi, arriva la svolta con i modelli “/5” ed il trasferimento della produzione a Berlino

    Si riparte!

    L’8 maggio 1945 è il giorno ufficiale in cui la Germania nazista si arrende: la seconda guerra mondiale termina, almeno in Europa, visto che nel lontano est, Stati Uniti e Giappone proseguono sino al 2 settembre dello stesso anno. Il Vecchio Continente è un disastro: città distrutte, territori stravolti, uomini che tornano liberi, altri che non torneranno mai più. È ora di voltare pagina, rimboccarsi le maniche e risollevarsi ma non per questo dimenticare: le Nazioni dell’Asse (Germania, Italia, Giappone) devono pagare per quello che hanno causato, in termini sia di denaro sia di limitazioni politiche, economiche e industriali. I

    In questo limitato ritorno alla normalità rientra ovviamente BMW
    , che nei sei anni del conflitto ha adeguato le proprie fabbriche per rispondere alle richieste di produzione di mezzi bellici del proprio Paese, concentrandosi soprattutto sullo sviluppo della R 75, bicilindrica boxer ad aria da 745 cc con valvole in testa in configurazione sidecar, pensata per essere utilizzata su qualsiasi terreno. Tra le sue peculiarità ci sono l’affidabilità del propulsore (che eroga 26 CV), il differenziale sulla ruota motrice che trasmette trazione anche sulla ruota della carrozzina, il cambio a 8 rapporti (più 2 retromarcia) e il filtro aria a “elmetto” posto sul serbatoio così da rimanere al riparo nelle situazioni più difficili, come guadi o deserto.

    Con la pace, però, per la casa bavarese inizia un periodo difficile di riorganizzazione e riadattamento alla produzione civile: tra i tanti embarghi e le numerose condizioni imposte c’è quella del divieto di produrre motociclette. Il blocco dura due anni, quando gli Alleati allentano la morsa dando a BMW la possibilità prima di montare un centinaio di R 23 (la monocilindrica da 247 cc del 1938-1940), poi, un anno dopo, di riprendere la produzione di mezzi con propulsori limitati a soli 250 cc. Per ovviare alla mancanza di risorse e progetti nuovi, in quel di Monaco mettono mano proprio alla monocilindrica raffreddata ad aria, a cui modificano la testa (più sagomata), la dotano di un cambio sempre a pedale ma a 4 marce (invece di tre) e di un telaio in tubi con la culla imbullonata (soluzione che ne facilita la manutenzione).


    La R 24


    Nasce la R 24 che, “forte” dei suoi 12 CV a 5.600 giri, va in produzione a metà dicembre 1948 per uscirne un anno e mezzo dopo (1950). Come la sua progenitrice, anche lei vede l’adozione della sola forcella idraulica e non anche la presenza del forcellone oscillante al posteriore. Nonostante non si tratti di una moto nuova nel vero senso del termine, la R 24 ha un grande successo: si stimano oltre 12.000 unità. BMW torna a sorridere e con la caduta del blocco relativo alla produzione, investe i nuovi introiti nella realizzazione della prima bicilindrica boxer post guerra: è il 1950 quando viene svelata la R 51/2, stretta parente della precedente R 51 del biennio 1938-1940, dalla quale si discosta per il disegno delle teste dei cilindri (con tunnel centrale ripreso dalla R 24), i carburatori Bing inclinati, il parafango anteriore più lungo, la forcella evoluta derivata dalla R 75.

    La boxer da 494 cc e 24 CV resta in produzione fino al 1951 per poi fare spazio alla 51/3, riconoscibile soprattutto per il coperchio delle valvole in un unico pezzo, una diversa copertura per il filtro dell’aria, il parafango anteriore meno vistoso e, dal 1952, i freni a tamburo della Duplex che nel 1954 diventano grandi tanto quanto il mozzo ruota.

    Ad affiancare la R 51/3 (1951-1954) c’è anche la R 67 (1951), una boxer da 594 cc e 26 CV con silenziatori a “siluro” (non più a “coda di pesce”), che si evolve poi nelle successive R 67/2 (1952-1954) e R 67/3 (1955-1956) con la potenza massima che sale a 28 CV. Di tutti questi modelli, la più apprezzata dal mercato è la R 51/3, con oltre 18.400 esemplari contro i quasi 1.500 della R 67, i 4.200 della 67/2 e i soli 700 della 67/3.


    Fa parlare di sè

    È nel 1952 che BMW torna a far parlare di sé in termini sportivi e prestazionali: la sua nuova R 68 è una vera sportiva di origini fuoristradistiche, caratterizzata esteticamente dalla coppia di alette poste sui coperchi valvole. La moto avrebbe dovuto essere venduta con lo scarico alto, che invece rimane solo un optional. Ma a renderla una delle moto più importanti di quegli anni (e tra le più gettonate tra i collezionisti) è il fatto di essere la prima BMW di serie a superare i 160 km/h (161, per l’esattezza) grazie ai 35 CV a 7.000 giri di cui è capace il suo twin da 594 cc.

    Nonostante questo, la sportiva tedesca non riscuote il successo sperato nei mercati fuori confine: è ben costruita e veloce come nessuna, ma costa davvero tanto di più della concorrenza, anche di quella inglese. Intanto il processo di affinamento e allargamento dell’offerta continua. La R 68 va in pensione nel 1954, anno in cui viene commercializzata la RS 54 per i piloti privati, versione targata della boxer da corsa (con distribuzione in testa) utilizzata dal pilota ufficiale BMW Walter Zeller durante il TT, in cui arriva secondo per colpa di un guasto tecnico. Nonostante tutto questo “testosterone”, è la R 25/3 (1953-1956) a fare la voce grossa in termini di volumi di vendita con le sue 47.700 unità commercializzate: la piccola monocilindrica raffreddata ad aria, più economica delle aristocratiche boxer 500 e 600, è la BMW più venduta, record che manterrà fino al 1999.

    Gli Anni 50 non sono comunque solo rose e fiori, il mercato delle moto è in difficoltà e le vendite della casa bavarese sono in discesa, da una parte per la crescente espansione del settore automobilistico e dall’altro per lo sviluppo del filone “scooter”... A cui i vertici tedeschi fanno un pensierino tra il 1953 e il 1955, quando sviluppano il prototipo dell’R 10, una sorta di ibrido a ruote alte che alla fine non vede la luce: BMW ha bisogno di un prodotto vincente da subito, ma tra la forte concorrenza dei produttori di riferimento italiani e la tendenza al ribasso dei numeri di vendita sofferta proprio a metà dei 50 da questa tipogia di mezzo, desiste e archivia il progetto.

    Per tamponare l’emorragia, nel 1955 da una parte la casa dell’elica tira fuori dal cilindro la Isetta, un’utilitaria a quattro ruote che, fino al 1962, vende più che bene, dall’altra sforna le R 50, R 60 ed R 69, una nuova gamma di boxer, con telaio e motore strettamente derivati dai precedenti modelli, un cambio rinnovato (più robusto e silenzioso), l’albero cardanico inglobato nel forcellone e con in più un innovativo comparto sospensioni che spiazza il mercato: a fare coppia con il forcellone oscillante al posteriore spunta all’anteriore un’altrettanto nobile forcella sviluppata su brevetto Earles, cioè due ammortizzatori (identici a quelli presenti al retrotreno) abbinati a un telaio tubolare oscillante.


    Dalle corse alle serie

    Di fatto BMW, dopo aver lanciato per prima la forcella teleidraulica, torna a sperimentare a livello ciclistico adottando su moto di serie una sospensione utilizzata finora solo sulle moto da corsa (come la RS 54, anche se in una veste alleggerita). I vantaggi di questa soluzione riguardano una adattabilità maggiore alla guida sportiva con il sidecar (tra il 1954 e il 1974 BMW vince 19 titoli piloti e 20 Marca), una superiore rigidità e precisione in curva, un più costante equilibrio dinamico in accelerazione e frenata, l’utilizzo degli stessi ammortizzatori su entrambi gli assi e un miglior adattamento all’uso con sidecar, oltre a una manutenzione facilitata e un maggiore comfort di marcia.

    Nonostante la tendenza a sbacchettare in accelerazione (risolto con l’introduzione dell’ammortizzatore di sterzo sulle versioni “S”), il peso maggiore e il minore feeling per le aumentate masse non sospese, la forcella Earles diventa un must per tutte le BMW della seconda metà degli Anni 50 fino al 1969, comprese le più economiche monocilindriche R 26 prima (1956-1960) e R 27 poi (1960-1966). Nonostante i continui aggiornamenti e le evoluzioni tecniche, le moto vendute sono sempre meno tanto che nel 1959 BMW sembra ormai destinata a diventare una costola della “nemica” Daimler-Benz.

    E, invece, grazie alla passione degli azionisti di minoranza, il futuro dell’azienda resta ancora ben ancorato a Monaco di Baviera. Arrivano nuovi investimenti e, di conseguenza, la gamma di moto si rinnova per la terza volta in 10 anni. È il 1960 e in listino arrivano le turistiche R 50/2 e R 60/2 (poco più che versioni aggiornate delle rispettive R 50 e R 60), insieme alle sportive R 69S nata per ingolosire gli smanettoni anglosassoni (42 CV a 7.000 giri) e l’inedita RS 50 (35 CV a 7.650 giri), entrambe riconoscibili per la grossa scatola filtro dell’aria.

    Insieme alle monocilindriche, queste quattro boxer tirano la carretta fino al 1969, ad esclusione della R 50S, che a differenza della “seicento”, nel 1962 esce di scena a causa di continui problemi tecnici a pistoni e cilindri. A proposito della R 69S, la sua vocazione da veloce sport tourer è sottolineata dalla lunga lista di optional che BMW realizza appositamente per lei, dai serbatoi maggiorati (fino a 36 litri!) alle selle singole con maniglioni e molle dedicate, dai paramotore alla carenatura giusto per citarne alcuni. Dal ‘67 al ‘69 si sdoppia nella versione dedicata solo al mercato USA (R 69 US), riconoscibile per la sella imponente e lunga, il manubrio alto, la diversa staffa di rinforzo del parafango anteriore e la presenza di una forcella teleidraulica invece della Earles.


    Arrivano i boxer/5

    Il nostro viaggio nella storia BMW termina con l’arrivo della famiglia delle boxer /5, in commercio tra il 1969 e il 1973. La R 50/5 (496 cc, 32 CV), la R 60/5 (599 cc, 40 CV) e la top di gamma R 75/5 (745 cc, 50 CV) segnano un taglio netto col passato e aprono la strada all’era moderna della casa bavarese. Il design cambia totalmente, il livello delle finiture cresce ancora, arrivano l’avviamento elettrico (optional sulla 50/5) e gli indicatori di direzione su supporti in alluminio, mentre la ciclistica si evolve ulteriormente con l’arrivo di un telaio di nuova concezione con telaietto reggisella imbullonato, il ritorno alla (lunga) forcella telescopica all’avantreno e un più moderno sistema d’ammortizzamento al posteriore con due elementi di maggiore escursione e regolabili nel precarico.

    E poi il motore, sempre bicilindrico, ad aria e in configurazione boxer, eppure più muscoloso fuori (tutti i componenti sono celati dal grosso carter superiore) e rivoluzionato all’interno. Non solo, insieme a loro BMW compie un ulteriore cambio epocale: nel 1969 trasferisce tutta la produzione moto presso lo stabilimento di Berlino-Spandau. Per la casa bavarese inizia una nuova era.

    notizia da:motociclismo.it

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    #2
    Bicilindrico boxer sempre più desiderato.

    Ho letto che le vendite del modello R 1250 GS e ADV sono quasi ferme.

    Come dargli torto; aspettano il nuovo modello con cilindrata portata a 1300, che sarà nuovamente la più venduta appena arriverà nei concessionari.

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